amore coniugale

— Lo sa, signora mia, che cotesto io lo chiamo amore bell' e buono?. (G.Verga, «Eros»)

«Senti, Dina», dissi, «ti prego di non insistere... questo è un capriccio bello e buono e io non voglio cedere ai capricci». (A.Moravia, «L'amore coniugale»)

— Ma non ha l'aria preoccupata affatto, sembra l'uomo più tranquillo del mondo, se così fosse sarebbe un fenomeno di incoscienza bello e buono. (A.Palazzeschi, «I fratelli Cuccoli»)

Osvaldo fu costretto a letto da una febbre a 40. «Tifo bello e buono» disse il medico.... (V.Pratolini, «Cronache di poveri amanti»)

Era la Bianca di sempre ed ha detto: «Licenziamento bello e buono, non è così?». (V.Pratolini, «Cronache di poveri amanti»)

Voi stessa, che la lodate palesemente, non ne credete in cuor vostro una jota. Ma essa vi torna acconcia per guadagnare tempo, per pigliarvi diletto dei nostri tormenti. (A.G.Barrili, «Una notte bizzarra»)

C'è nell'opera di Рое una novella che torna acconcia per descrivere la condizione del mio animo di quel tempo. (A.Moravia, «L'amore coniugale»)

Risposi che non ne avevo mai parlato perché, almeno fino a quel giorno, non mi era mai riuscito di scrivere, qualche cosa di cui mettesse conto di parlare. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

«Ma sua moglie non è gelosa?»

«Ma sei sicura di non avere la febbre?» domandai cercando di passarle una mano sulla fronte. Ella si schermì e poi rispose con insofferenza: «Ma Silvio, con te bisogna sempre mettere i punti sugli i... non sto bene, ecco tutto». (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Voi cominciate con le classifiche, volevate mettere i puntini sugli i. (G. Soavi, «Fantambulous»)

La donna è sconcertante e ambigua, chi non lo sa?, ma Clelia... ha ecceduto, obbligandomi a mettere i punti sugli i dell'opera mia. (G. Marotta, «Le milanesi»)

Certo io soffrivo a sentirla dire in tutte lettere come si era lasciata avvicinare da un uomo che le piaceva, come si era lasciata baciare.... (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

E giacché me lo vuoi strappare di bocca, lascia che te lo dica in tutte lettere, Paolino: le corna, una volta che ce le abbiamo, non ce le leva più nessuno. (M. Puccini, «Scoperta del tempo»)

...le dispiace che me ne vada, anche se non me l'ha mai detto a tutte lettere. (U. Simonetta, «Tirar mattina»)

«Sei molto bella, Leda... ogni tanto può anche darsi che me ne dimentichi... ma poi viene sempre il momento in cui mi accorgo di essere innamorato a morte di te». (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Il Mariani tenta, senza parere, di forzare la mano a Verdi, facendosi mandare al Cairo per la prima dell'«Aida». (G. Verdi, «Autobiografia dalle lettere»)

— Ci deve perdonare, signora, — disse, — se abbiamo cercato di forzarle la mano. (C. Fruttero e F. Lucentini, «La donna della domenica»)

Io ero ancora ai preliminari della mia corte, che immaginavo lunga e difficile, quando lei, quasi forzandomi la mano, si diede a me. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

— La mia famiglia è perduta, siamo rovinati! possiamo andare a nasconderei tutti. (F. Perri, «Emigranti»)

«Ma benissimo,» gridai con irruente allegria, «Antonio è proprio un mago... Mario e Attilio di Roma possono andare a nascondersi non sono degni neppure di allacciargli le scarpe...». (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Non aveva nessuna voglia di avere gente tra i piedi.... (G. Parise, «Il prete bello»)

— Curioso gusto di aver ogni momento un prete fra i piedi. (E. Castelnuovo, «I Moncalvo»)

«Mi ha mancato di rispetto», ella gridò con ira... «è un uomo orribile... mandalo via, cambialo... non voglio più averlo tra i piedi». (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Ma come andai a esaminare quello stesso pomeriggio la macchina per vedere se era a punto, scoprii che avevo dimenticato a Roma la carta da servizio. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

«In fondo dovresti prendere quest'incidente con allegria... piuttosto che una mancanza di rispetto, è stato una specie di omaggio... un po' rustico e grossolano, lo ammetto, ma paese che vai, usanze che trovi». (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Un signore... mi si presentò in camerino... e dopo avermi chiesto se l'autore dell'opera ero io, mi diede due schiaffi sonori... Rimasi come intontito, che per un momento pensai perfino che quello straniero venisse da un paese dove l'ammirazione si esprime a quel modo: paese che vai, usanza che trovi. (U. Morucchio, «Storie di ieri, di oggi... e di domani»)

Mi pareva impossibile di sbagliarmi ormai: II racconto era veramente brutto, senza rimedio. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Non avevo mai parlato a mia moglie delle mie ambizioni letterarie perché ritenevo che ella non potesse comprenderle e anche perché mi vergognavo di avere a confessare che non erano se non ambizioni, ossia tentativi sin allora mai coronati dal successo. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

So un prato a schiena d'asino tutto bubboli rossi di trifoglio dove vengono le vanesse. (P. Jabier, «Il paese delle vacanze»)

A un ponticello a schiena d'asino che scavalcava un botro mi fermai a guardare la campagna e mia moglie mi passò avanti. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Finché lavoravo, volevo che tutto restasse immobile e inalterato, che nulla venisse a turbare quella mia tranquillità profonda che, a torto o a ragione, consideravo indispensabile, appunto, al buon andamento del mio lavoro. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)

Beatrice. — E con questa scusa, infatti, che io sono gelosa, lui ha fatto sempre il comodo suo. Ma glielo dimostrò io, ora, alla gente se son gelosa a torto o a ragione. (L. Pirandello, «Il berretto a sonagli»)

Così pensava che anche in arte valeva più la buona volontà che non i doni dell'istinto. (A. Moravia, «L'amore coniugale»)